Storia
Tra il V e il IV secolo a.C in Irlanda si insediarono i gaeli, una popolazione di origine celtica. Dopo il 400 ebbe inizio l'opera di evangelizzazione del paese a cura dei primi missionari cristiani, tra cui il monaco Patrizio, diventato poi patrono dell'isola. Nel XII secolo gli inglesi ne cominciarono la conquista e nel 1541 il sovrano inglese Enrico VII si proclamò re d'Irlanda. Dopo la nascita del Partito irlandese e il manifestarsi di volontà autonomiste, il parlamento inglese riconobbe l'identità nazionale d'Irlanda, ma fu solo nel 1921, a seguito di scontri sanguinosi, che le 26 contee del sud del paese (a maggioranza cattolica) ottennero l'indipendenza. Le 6 contee del nord, a forte presenza protestante, restarono unite alla Gran Bretagna formando l'Irlanda del Nord. Dal 1º gennaio 1801 fino al 6 dicembre 1922 l'Irlanda fece parte del Regno Unito (di Gran Bretagna e Irlanda). Durante la grande carestia, dal 1845 al 1849, la popolazione dell'isola crollò del 30% passando da oltre 8 milioni a meno di 6 milioni. Un milione di irlandesi morirono di fame e/o malattia e altri 1,5 milioni emigrarono, in particolare verso gli Stati Uniti.
L'emigrazione continuò anche nel secolo successivo, con un conseguente calo costante della popolazione fino al 1960.
Dal 1874, un'importante figura della politica irlandese fu Charles Stewart Parnell, leader del Partito Parlamentare Irlandese. Fu il principale partito che cercò di ottenere l'autogoverno, con una limitata autonomia nazionale, dal Regno Unito. Nelle elezioni generali britanniche del dicembre 1918, il partito indipendentista Sinn Féin conquistò 73 dei 106 seggi della Camera dei Comuni (Londra) che si assegnavano in Irlanda. Nel gennaio 1919, i membri del parlamento eletti per il Sinn Fein rifiutarono di prendere possesso del loro seggio a Westminster ed insediarono un parlamento irlandese fuorilegge, il Dáil Éireann. Questo Dáil proclamò immediatamente ed in via unilaterale l'indipendenza della Repubblica irlandese, che però non ottenne alcun riconoscimento internazionale. Dopo l'aspra guerra di indipendenza i rappresentanti del governo britannico e l'Aireacht (gabinetto) dell'Eire nel 1921 negoziarono il Trattato Anglo-Irlandese.
In ambito internazionale fu riconosciuto uno Stato irlandese con il nome di Stato Libero d'Irlanda (in gaelico: Saorstát Éireann, in inglese: Irish Free State). Il nuovo Stato avrebbe dovuto coprire in teoria l'intera isola, ma le due parti concordarono che l'Irlanda del Nord (che era già diventata un'entità autonoma) potesse scegliere se rimanere sotto il Regno Unito, e così avvenne. Il Dáil approvò il trattato di pace.
Le 26 contee rimaste entrarono a far parte dello Stato Libero, che avrebbe avuto lo status di dominion all'interno del Impero britannico (il cui capo dello Stato era il Re del Regno Unito). Aveva un Governatore generale, un Parlamento bicamerale, un gabinetto chiamato Executive Council ed un Primo ministro (President of the Executive Council).
Una parte del movimento indipendentista, guidata da Eamon de Valera, non accettò gli accordi con il governo britannico, in quanto non garantivano l'unità dell'isola e mantenevano i citati legami costituzionali con il Regno Unito. Ne conseguì una guerra civile, che si concluse con la sconfitta della fazione contraria agli accordi.
Il 29 dicembre 1937 fu promulgata una nuova Costituzione, la Bunreacht na hÉireann. Sostituì l'Irish Free State con un nuovo Stato, l'Éire o, in lingua inglese, Ireland (Irlanda). Sebbene questa struttura costituzionale dello Stato prevedesse un presidente invece che un re, non era una repubblica effettiva. Il re, infatti, rimaneva il simbolo politico che rappresentava la nazione. Il Republic of Ireland Act, approvato nel 1948 dall'Oireachtas (il Parlamento irlandese) ed entrato in vigore il 18 aprile 1949, dichiarò l'Éire una repubblica, uscendo dalla Commonwealth e dando al Presidente della Repubblica anche quel ruolo di rappresentanza effettivo.
Durante la seconda guerra mondiale l'Irlanda, dissestata dalla recente guerra d'indipendenza sfociata poi in guerra civile, scelse un'attenta e cauta neutralità, anche perché intimorita dalle ritorsioni britanniche in caso di alleanza con l'Asse. Dublino venne però bombardata per errore dalla Luftwaffe il 31 maggio 1941, da aerei tedeschi che erano diretti a bombardare il porto di Belfast e ciò spinse molti irlandesi ad arruolarsi come volontari nell'esercito inglese.
L'Irlanda abbandonò il Commonwealth nel 1949, quando divenne una repubblica, ed aderì alle Nazioni Unite nel 1955 e alla CEE (ora Unione europea) nel 1973. I governi irlandesi hanno spesso auspicato una pacifica riunificazione dell'isola e hanno cooperato con la Gran Bretagna per dissipare i violenti conflitti fra i gruppi paramilitari nel Nord Irlanda, conosciuti come i Troubles.
Un accordo di pace per l'Irlanda del Nord, conosciuto come Good Friday Agreement o Accordo di Belfast, approvato nel 1998 con referendum in entrambe le nazioni (Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda), è in fase di attuazione.
Nel 2008, con un referendum popolare, il popolo irlandese si è espresso contro la ratifica del Trattato di Lisbona, bloccando l'approvazione della Costituzione europea e creando una impasse all'interno dell'Unione, che si è però risolta con un ulteriore referendum, il 2 ottobre 2009, che ha invece sancito l'approvazione del documento.