Storia
Le prime popolazioni, di origine celtica, costruirono villaggi e si diedero ordinamenti simili ai Celti che occupavano il resto dell'isola britannica. Durante l'espansione romana, riuscirono a respingere le legioni che avevano occupato il resto dell'isola e addirittura compirono incursioni nei territori occupati dall'esercito romano, tanto da costringere l'imperatore Adriano a erigere una fortificazione (vallo di Adriano) a difesa della Britannia romana. Con il crollo dell'impero e l'arrivo dei barbari, gli Scozzesi dovettero lottare strenuamente per difendere la loro autonomia, ma da lì in poi saranno perennemente in guerra con l'Inghilterra costituitasi in regno dopo l'arrivo dei Sassoni.
Si noti che la Scozia tardo antica e alto medioevale non era unita in un'unica entità politica, e non aveva nemmeno l'unità linguistica. Vi abitavano infatti tanto gli Scoti (gaelici di origine irlandese, o comunque linguisticamente e culturalmente legati agli irlandesi), in aumento costante durante la tarda antichità e l'alto medioevo (diventeranno l'elemento dominante verso il VII secolo d.C.), quanto i britonici, forse identificabili con la tribù dei Caledoni nelle fonti latine (legati invece al mondo celtico dell'Inghilterra attuale e del Galles) che parlavano una lingua celtica di un ceppo nettamente distinto (in cui Alba-Albione identificava le isole britanniche), e infine i Picti o Pitti, una popolazione autoctona, insediatasi in Scozia (e nel nord dell'Irlanda) in tempi molto remoti, culturalmente assimilata alle popolazioni celtiche, ma linguisticamente distinta e di difficile classificazione (non indeuropea per il linguista F. Villar, celtica brittonica con forti influssi pre indeuropei per la linguista K. Forsyth, oppure indeuropea arcaica, magari legata al protoindoeuropeo e alle lingue anatoliche per altri linguisti). Dalla caduta dell'impero romano, oltre ad assistere a una forte espansione in Scozia delle popolazioni Picte e Scote (ai danni dei Caledoni), si vide l'arrivo, piuttosto massiccio, di immigrati Angli, Sassoni e Juti nel sud-ovest della Scozia, che fu annesso in parte dal regno di Northumbria. L'inglese, come lingua, è più correttamente definibile "anglo-sassone" e vide proprio nella Scozia sud-occidentale, sin del VII secolo, una delle sue zone di più precoce attestazione, che portò alla formazione degli attuali dialetti lowlander (o Scots).
Nel corso del VIII e IX secolo cominciarono sempre più massicce infiltrazioni vichinghe, con lo sconvolgimento di tutti i processi di unificazione politica già in atto (nell'839 un esercito norvegese sconfisse e distrusse il regno Pitto nella terribile battaglia del fiume Tay), e con l'arrivo di nuovi immigrati con nuove lingue, che riuscirono a divenire maggioritarie in diversi arcipelaghi settentrionali della Scozia, eliminando temporaneamente il gaelico e/o condizionandolo in maniera da diventare più divergente dall'irlandese antico. In particolare le Shetland e le Orcadi rimasero a lungo (fino al 1486) sotto il controllo Danese-Norvegese, e furono abitate da coloni di lingua norvegese, evolutasi poi nel Norn, fino ad anni recenti (l'ultimo parlante madrelingua norn morì nel 1850 a Unst), più piccole le colonie linguistiche norvegesi su Ebridi Esterne, Caithness e Sutherland (dove però cambiarono notevolmente la toponomastica celtica).
Alla fine del '400 in Scozia erano parlate 3 lingue: il gaelico scozzese, l'anglo sassone scots e il norn, mentre erano già estinte sia la lingua pitta sia il brittonico. In seguito l'anglo sassone continuò a espandersi a scapito delle altre due, sebbene ci siano stati anche momenti di espansione del gaelico a danno del norn. Nel ventunesimo secolo l'anglo sassone "scots" è la lingua dominante in Scozia, mentre l'inglese comune è compreso dalla maggior parte della popolazione.