Geografia
Morfologia
Ricoperta per il 10% da ghiacciai, l'Islanda è costituita dai monti della dorsale medio-atlantica e presenta una superficie formata da rocce di origine vulcanica, prevalentemente basaltiche. Gran parte del suo territorio è occupato da montagne che raggiungono discrete altezze (il monte più alto è l'Hvannadalshnúkur, 2119 metri) ed è caratterizzato da vasti altopiani. Le coste, ricche di insenature e profondi fiordi a settentrione, a sud si presentano arenose e basse e qui si concentrano le zone coltivabili, che sono in totale circa un quinto della superficie. Occorre infine dire che il Paese ospita il più grande ghiacciaio del continente, il Vatnajökull e che l'isola è, in Europa, la seconda più grande.
La morfologia del territorio islandese ha subito importanti modifiche a causa inizialmente di un peggioramento climatico avvenuto circa 9 milioni di anni fa e poi per le ultime glaciazioni che ne hanno modellato il paesaggio con fiordi, vallate dal tipico profilo a U e montagne in parte ricoperte da ghiacciai. Non a caso, a causa di questa doppia particolarità, l'Islanda è spesso chiamata "l'isola di ghiaccio e di fuoco".
Geologia
Geologicamente parlando, l'Islanda è un'isola giovanissima. Infatti è una delle terre di più recente formazione di tutto il pianeta, con appena circa 20 milioni di anni contro i circa 4 miliardi della crosta terrestre, il cui territorio è interamente costituito da rocce vulcaniche. Costituisce una delle isole vulcaniche più attive sulla terra, essa è originata dal magma fuoriuscito dalla dorsale oceanica che separa le due placche oceaniche dell'oceano Atlantico, che in corrispondenza dell'Islanda giacciono al di sopra di un hot spot la cui presenza ha permesso l'emersione dalle acque delle prime conformazioni basaltiche. La separazione delle zolle, che avviene alla velocità di circa 2 cm all'anno, ha contribuito a far raggiungere all'isola i suoi attuali 103 000 km² di estensione.
Stratigrafia
Le rocce vulcaniche affioranti sull'isola vengono suddivise in quattro serie distinte per età di formazione, questa cresce con l'allontanarsi dalla fascia mediana di rift, che taglia l'isola da sud-ovest a nord-est. L'età della roccia è stata determinata con metodi radiometrici, paleomagnetici e analisi dei depositi piroclastici, interposti fra le colate laviche e loro alterazione climatiche, in quanto sono quasi del tutto assenti i fossili, causa la tipologia delle rocce presenti.
- Postglaciale (Olocene: costituito da lave e rocce detritiche di età compresa fra 9000-13.000 anni fa; sono presenti nelle aree vulcanicamente attive, inclusa la zona mediana di rift)
- Formazione palagonitica del pleistocene superiore, in gran parte derivante da lave effusive in condizioni subglaciali, la cui distribuzione in gran parte coincide con quella del postglaciale
- Formazione dei basalti grigi del plio-pleistocene che costituiscono una fascia di rocce esterne e allungate attorno la zona di rift
- Basalti di plateau, di età variabile da 3,1 a 16 milioni di anni, che ricoprono circa il 50% dell'isola soprattutto a est e a ovest-nord dell'isola, si tratta della coalescenza di lunghe colate laviche subaeree, spesse 5-15 metri. Vi si trovano rare intercalazioni di lenti di sedimenti continentali,
Gran parte dell'attività vulcanica oggi si sviluppa nella frattura che unisce la penisola di Reykjanes all'Öxarfjörður. Qualche fenomeno vulcanico si verifica anche nell'Islanda meridionale e nella penisola di Snæfellsnes. La maggior parte dei sistemi vulcanici dell'isola - nel complesso una trentina - si sviluppa intorno a un cono centrale, oppure è una grande depressione circolare (per esempio, lo stratovulcano Askja). Gli edifici vulcanici sono parte integrante del paesaggio islandese, spesso rappresentato da vastissimi altopiani lavici, le cui depressioni spesso sono ricoperte da depositi torbosi, interrotti da qualche cono vulcanico. Anche gli stessi altopiani si sono formati in seguito alle eruzioni subglaciali che, essendosi raffreddate rapidissimamente, hanno creato lava a cuscino. Infine, ancora nell'Islanda meridionale troviamo il Laki, un sistema vulcanico di 24 km che nel 1783, eruttando, comportò effetti climatici nell'emisfero boreale.
I vulcani
Ci sono più di 200 vulcani che si innalzano nel tavolato montuoso dell'isola e la maggior parte sono attivi. I più noti sono l'Hekla e l'Eldfell.
Eruzioni principali
In circa 1100 anni di insediamenti umani sull'isola, sono state registrate circa 250 maggiori eruzioni vulcaniche, alcune delle quali si sono protratte anche per anni. Queste hanno generato circa 45000 m³ di pietra. I vulcani più attivi, nonché più noti, sono l'Hekla, il Grímsvötn e il Katla, che hanno avuto più o meno 20 eruzioni ciascuno. Tuttavia, i ghiacciai che ricoprono questi vulcani sono spesso soggetti ad improvvisi scioglimenti a causa della ripresa di attività vulcanica all'interno delle loro caldere. L'ultimo grande scioglimento si è verificato nel 1996, quando il Grímsvötn, coperto per gran parte dal Vatnajökull, ne sciolse 3 km³. Eruzioni ben maggiori furono conosciute tra il 1362 e il 1727, quando continue eruzioni vulcaniche uccisero uomini e animali in gran quantità.
Andando ancora più indietro nel tempo, bisogna citare la drammatica e devastante eruzione dell'Hekla nel 1104 che rase al suolo la valle del Þjórsárdalur. Un'eruzione che rivestì e seppellì sotto i lapilli le zone circostanti. Ma le eruzioni più disastrose di tutta la storia islandese si verificarono dopo il 1727: una serie nel XVIII secolo di tre eruzioni mise in ginocchio l'isola e la sua popolazione. Inaugurò il Katla nel 1755, replicò l'Hekla nel 1766 e concluse il Laki con una catastrofica eruzione tra il 1783 e il 1784: lo zolfo e l'anidride carbonica avvelenarono fiumi e terreni uccidendo oltre 10000 persone e più della metà del bestiame sull'isola.
Tra le eruzioni recenti, nessuna è lontanamente comparabile a quella del Laki a fine Settecento. Però quella innocua dell'isola di Heimaey del 23 gennaio 1973 non diventò una carneficina solo grazie ad una fortunata coincidenza: la popolazione isolana fu salvata dalle barche dei pescatori che si trovavano al porto solo per caso. Passata l'emergenza, molti abitanti tornarono sull'isola e disseppellirono quelle case non raggiunte dalla lava, ma semplicemente ricoperte dalla cenere vulcanica ricaduta. L'eruzione fu una tragedia evitata, anche grazie a potenti getti di acqua marina sulle colate laviche in movimento, che ritardarono la loro avanzata. Il calore delle colate laviche fu utilizzato per alcuni anni per il riscaldamento delle abitazioni. Il suo piccolo porto da allora fu più protetto dalla forza del mare poiché le colate laviche che arrivarono fino all'acqua crearono una barriera. Infine, l'eruzione più nota fra quelle avvenute recentemente in Islanda risale sicuramente al 2010, quando l'eruzione dell'Eyjafjöll emise nell'atmosfera una quantità di ceneri tale da paralizzare il traffico aereo di tutta Europa per settimane intere, con una perdita di oltre 200 milioni di dollari al giorno per ogni compagnia aerea.
Eruzioni sottomarine
Nel 1963 un'eruzione sottomarina ha dato origine ad una piccola isola: Surtsey, lungo le coste meridionali.
I geyser
Oltre ai coni vulcanici, molti dei quali attivi, nell'isola sono diffuse le manifestazioni vulcaniche secondarie: sorgenti termali, fumarole e moltissimi geyser, getti di acqua calda alti decine di metri sfruttati anche per il riscaldamento delle case islandesi.
Sfruttamento dell'energia geotermica
Tali fenomeni sono dovuti a precipitazioni che s'infiltrano nella crosta terrestre, acquistando calore attraverso le pietre o il magma e risalendo successivamente in superficie in forma di sorgenti di vapore acqueo. Grossomodo, è questo lo stesso meccanismo attraverso cui avviene il funzionamento dei geyser. Sull'isola nordatlantica ci sono anche circa trenta aree ad alta temperatura, che presentano fanghi termali. Questa energia geotermica ad alta entalpia viene quindi utilizzata non solo per produrre energia elettrica, ma anche per grandissima parte degli impianti di riscaldamento. Questo forte utilizzo del geotermico lo si deve anche grazie alla diminuzione degli effetti devastanti delle eruzioni dei temibili vulcani islandesi, in quanto i moderni sistemi di allarme consentono di trovare le giuste contromisure, tant'è che ormai le eruzioni sono diventate da fonte di paura per gli abitanti locali ad attrattiva turistica.
Idrografia
I fiumi
Data l'abbondanza dei ghiacciai, sono molti i fiumi alimentati dall'acqua derivante dallo scioglimento del ghiaccio nella stagione estiva. I corsi d'acqua hanno portate abbondanti e sono ricchi di salmoni; nei loro brevi corsi formano tante suggestive cascate, seguendo i dislivelli del terreno. I fiumi islandesi sono in parte molto noti, ma nessuno di essi è navigabile. I principali fiumi sono:
- Islanda meridionale: Hvítá • Krossá • Kúðafljót • Markarfljót • Múlakvísl • Ölfusá (il fiume con la maggior portata media annuale in Islanda) • Öxará • Rangá • Skeiðará • Sog • Þjórsá (il fiume più lungo d'Islanda, 280 km)
- Reykjavík: Elliðaá
- Islanda occidentale: Hvítá (Borgarfjörður) • Norðurá (Borgarfjörður)
- Fiordi occidentali (Vestfirðir): Dynjandi
- Islanda settentrionale: Blandá.
I ghiacciai
Un tempo l'Islanda era ricoperta da immensi ghiacciai. Ora essi formano le lagune di iceberg nel Mare di Groenlandia e coprono anche le vette, oltre i 2 000 metri, dei massicci centrali. È islandese il più grande ghiacciaio d'Europa: il Vatnajökull, nella parte sud-orientale dell'isola, che occupa una superficie di circa 8500 km².
I laghi
Numerosi sono i laghi, tra cui il Lago Mývatn e il Lago Öskjuvatn, che occupa un antico cratere vulcanico, come molti altri laghi islandesi.
Le coste
Le coste raggiungono uno sviluppo di circa 5000 km; sono generalmente frastagliate e incise dai fiordi, formati dall'erosione dei ghiacciai. Solo nella parte centrale si aprono piccole pianure costiere, formate da antichi depositi dei ghiacciai e dei fiumi.
Clima
L'Islanda si trova in una zona di forti contrasti termici sia atmosferici (tra i tiepidi venti sudoccidentali e quelli freddissimi che scendono dalla Groenlandia) che marini. Tale situazione di contrasto genera intorno all'isola una zona di bassa pressione quasi permanente, che è stata battezzata "Depressione d'Islanda". Essa influenza il clima dell'isola più di ogni altro fattore, determinando un'estrema variabilità della forza dei venti, della loro direzione e dell'umidità delle masse d'aria. Di conseguenza, in Islanda, repentini passaggi dalla pioggia al bel tempo e di nuovo al maltempo sono la regola anziché l'eccezione. Non sono inoltre rare violente tempeste, dovute a passaggi di depressioni con valori barici anche inferiori ai 950 hPa.
Relativamente alla latitudine (63-66° N) e nonostante le sue propaggini settentrionali sfiorino il circolo polare artico, l'inverno dell'Islanda non è eccessivamente freddo, soprattutto per l'influenza (come detto) di parte della Corrente del Golfo, che sfiora l'isola sui suoi versanti meridionale e sudoccidentale. L'estate invece è molto breve e fresca (massime di luglio a Reykjavík sui 13° e minime sui 7°). Il record caldo della capitale è 24,8°, mentre quello assoluto islandese è 30,5° (piuttosto alto, ma si deve tener conto del calore cittadino che, anche in centri abitati spaziosi come quelli dell'isola, mantiene le temperature almeno sui 2-3° al di sopra delle aree extraurbane). In genere nei giorni più caldi (a luglio) si superano di poco i 20°, ed è considerata già una considerevole ondata di caldo, mentre durante la notte è rarissimo non scendere sotto i 10°. All'interno (per via dell'altitudine) e a nordovest (a causa di una maggiore influenza della corrente fredda proveniente dalla Groenlandia) il clima è quindi molto più rigido e manca una vera e propria estate. I ghiacciai occupano il 13% dell'intero paese e la loro estensione supera quella complessiva dei ghiacciai di tutta l'Europa continentale, questi si trovano anche ad altitudini collinari (lingue si spingono quasi fino al mare, anche a 50 m s.l.m.) e in zone ombrose gelo e neve rimangono tutto l'anno. Le piogge, dipendenti in massima parte dalla direzione del vento, ammontano a circa 1000–1600 mm annui lungo le coste meridionali e orientali, a 700–1000 mm all'interno dell'isola, a 800 mm a Reykjavík e a 400–600 mm a nord e nordest. La parte con precipitazioni più basse dell'isola si trova a nord dell'enorme ghiacciaio Vatnajökull dove esse sono inferiori a 400 mm. Le nevicate possono accadere anche a inizio giugno e fine agosto nell'entroterra.
In inverno, come detto, le temperature sono miti e non scendono di molto sotto lo zero: nei giorni più freddi (in gennaio) nelle regioni costiere meridionali si hanno temperature attorno agli 0°, negli altopiani centrali attorno ai -10° e nelle zone settentrionali tra -25° e -30°. Nonostante ciò, le gelate sono molto frequenti e sono rare giornate molto al di sopra dello zero. Ci possono essere anche escursioni termiche giornaliere molto marcate, ma esse sono strettamente legate alla direzione di provenienza del vento (anziché all'alternanza di luce ed oscurità). L'arcipelago di Vestmannaeyjar, che si trova al largo della costa meridionale, è la zona con il clima più oceanico. Qui sono molto frequenti le giornate di forte vento con nevischio: la neve cade spesso, ma generalmente non ci sono grandi accumuli (non oltre i 15–20 cm). L'estate è invece estremamente piovosa e fresca.
In sintesi, il clima islandese è inadatto all'agricoltura (che pure potrebbe trovare condizioni favorevoli nei terreni vulcanici così fertili).