Storia
L'epoca precolombiana
Diversi studi collocano l'epoca del popolamento dell'attuale territorio cileno a circa 10.500 anni a.C. Il Cile preispanico era popolato da una varietà di culture indigene che si stanziarono in bande longitudinali, incrociando anche le Ande ed arrivando a territori attualmente argentini nell'Atlantico. Nella zona del nord del Paese i gruppi amerindi Aymara, Atacameña e Diaguita stabilirono culture fortemente agricole da parte dell'impero Inca che, dal secolo XV°, dominò una grande parte del territorio attuale del Cile, fino al fiume Maule. Al sud del fiume Aconcagua si stabilirono le varie comunità seminomadi degli amerindi mapuche, la principale etnia indigena del Paese. Nei canali australi, infine, hanno abitato diversi gruppi indigeni come gli amerindi Chono, Yámana, Alacalufe ed Ona. Nell'Isola di Pasqua si sviluppò un'avanzata e misteriosa cultura polinesica, praticamente estinta oggi.
La conquista
Nel 1520, Ferdinando Magellano fu il primo esploratore europeo a visitare il territorio cileno percorrendo lo stretto che porta il suo nome. Ma fu soltanto nel 1535 che i conquistatori spagnoli provarono a conquistare le terre della "valle del Cile" dopo aver sconfitto l'impero Inca. La prima spedizione, condotta da Diego de Almagro, non ebbe i risultati voluti; seguì il tentativo di conquista guidato da Pedro de Valdivia. Lungo il suo cammino verso sud, ed attraversando il deserto di Atacama, Valdivia fondò una serie di centri abitati, il primo ed il più importante, il 12 febbraio del 1541, fu la città di Santiago della Nuova Estremadura.
Successivamente Valdivia iniziò una campagna militare diretta verso i territori più meridionali dove erano insediate le tribù mapuche, dando così inizio alla guerra di Arauco, che Alonso de Ercilla riportò magistralmente nella sua opera La Araucana (1576). Le battaglie si protrassero per circa tre secoli, intervallate da numerosi periodi di pace, grazie alla realizzazione di "Parlamenti" come quello di Quilín nel 1641, che avrebbe stabilito un limite tra il governo coloniale e le tribù indigene lungo il fiume Bío bío, dando nome alla zona conosciuta ancora oggi come La Frontiera.
Un discorso a parte merita il tentativo effettuato da Pedro Sarmiento de Gamboa, a partire dal 1581, di colonizzare i territori al nord dello Stretto di Magellano, fondando le città Nombre de Jesus situata alla bocca occidentale dello Stretto, e quella Rey Don Felipe alle prossimità dell'attuale Fuerte Bulnes, a circa 60 km a sud di Punta Arenas. Il tentativo fallì miseramente con la morte di tutti i coloni, meno Tomé Hernandez, che, al passare del corsaro inglese Cavendish, decise di salire a bordo e di raccontare l'esito della spedizione in un suo scritto.
La Capitanía General de Chile, chiamata anche il Regno del Cile, fu una delle colonie più australi dell'Impero Spagnolo. A causa della sua lontana posizione dai grandi centri e dalle strade commerciali imperiali, ed a causa del conflitto con i mapuche, il Cile fu una provincia povera, appartenente al Vicereame del Perù e la cui economia era praticamente destinata a sostenere i pochi abitanti del territorio.
L'indipendenza
Nel 1810, iniziò, con la costituzione della prima assemblea di governo, il processo di autodeterminazione dalla nazione, e un periodo chiamato Patria Vecchia, che durò fino al 1814, anno della cosiddetta "Catastrofe di Rancagua", quando le truppe reali spagnole riconquistarono il territorio. Le truppe indipendentiste, profughe a Mendoza, formarono un battaglione con i soldati argentini l'Esercito delle Ande guidato da José de San Martín che liberò il Cile dopo la battaglia di Chacabuco, il 12 febbraio del 1817. L'anno successivo il governo del "Direttore Supremo" Bernardo O'Higgins Riquelme dichiarò l'indipendenza del Cile.
O'Higgins inaugurò un periodo di riforme, lasciando comunque insoddisfatta una grande parte dell'opinione pubblica, provocando, nel 1823, la sua abdicazione. Durante i 10 anni successivi, il Cile avviò una serie di politiche per costruire un nuovo Stato. Dopo una serie di fallimenti, la vittoria conservatrice nella Rivoluzione del 1829 diede inizio ad un periodo di stabilità: il nuovo regime si chiamò Repubblica Conservatrice ed ebbe come primo ministro Diego Portales che, grazie alla Costituzione del 1833, riuscì a costruire le basi politico-amministrative del Cile del XIX secolo.
Organizzazione della Repubblica
Il Cile iniziò lentamente a svilupparsi e a stabilizzare le sue frontiere. L'economia fu protagonista di una grande crescita, grazie alla scoperta dei giacimenti di zinco a Chañarcillo e alla crescita del porto di Valparaíso, fatto che provocò un conflitto con il Perù per la supremazia marittima nell'Oceano Pacifico. La formazione della confederazione fra il Perù e la Bolivia fu considerata una minaccia per la stabilità del paese, per cui Portales dichiarò guerra ai due paesi; la guerra terminò nel 1839 con la vittoria cilena nella battaglia di Yungay e con la dissoluzione della confederazione. Allo stesso tempo, si provò a rafforzare il controllo sul Sud del paese intensificando la penetrazione nella zona dell'Araucanía con la colonizzazione della Llanquihue da parte di immigranti tedeschi. La regione di Magallanes fu incorporata allo Stato grazie alla spedizione del Capitano di origine scozzese John Williams Wilson che, in una piccola goletta di 16 metri, l'Ancud, costruita appositamente per la spedizione, trasportò 23 persone e alcuni animali nella zona e fondò, il 18 settembre 1843, il Fuerte Bulnes, dichiarando la sovranità cilena sullo Stretto di Magellano. Inoltre ebbe inizio la colonizzazione della zona di Antofagasta.
Dopo quaranta anni di governo conservatore, nel 1871 ebbe inizio un periodo di governo del partito liberale, caratterizzato da una crescita economica dovuta all'estrazione mineraria del nitrato di potassio nella zona di Antofagasta. L'attività estrattiva era così proficua, che la Bolivia iniziò a reclamare questo territorio. Nonostante la firma dei trattati del 1866 e del 1871, i due paesi non riuscirono a risolvere i loro conflitti ed il 14 febbraio del 1879, il Cile bombardò il porto di Antofagasta, dichiarando guerra a Bolivia ed a Perù e sconfiggendoli entrambi, arrivando addirittura ad attaccare la città di Lima ed ad annettere il dipartimento di Antofagasta e le province di Tarapacá, Arica e Tacna e la contemporanea risoluzione dei problemi di confine con l'Argentina in Patagonia per il controllo di Puna di Atacama. Nello stesso periodo finì la Guerra di Arauco con la Pacificazione dell'Araucania nel 1881, e l'annessione dell'Isola di Pasqua nel 1888.
Nel 1891, il conflitto tra il Presidente José Manuel Balmaceda ed il Congresso causò una Guerra Civile: i membri del Congresso ottennero la vittoria e stabilirono una Repubblica Parlamentare. Questi anni si caratterizzarono, nonostante la crescita economica, per l'instabilità politica e la nascita del movimento proletario che portava l'attenzione sulla Questione Sociale. Dopo anni di dominio delle oligarchie, nel 1920 fu eletto Arturo Alessandri con l'appoggio dei movimenti popolari. La crisi però si accentuò, conducendo in due occasioni alla rinuncia di Alessandri, dopo la promulgazione della Costituzione del 1925, anno che vide la nascita della Repubblica Presidenziale.
Carlos Ibáñez del Campo assunse il governo nel 1927 con un grande sostegno popolare, ma la fine della prima guerra mondiale e la Grande depressione ridussero drasticamente il commercio del nitrato di potassio, producendo una forte crisi economica nel paese: il Cile fu infatti tra le nazioni più colpite dalla recessione a livello mondiale. Ibáñez rinunciò nel 1932 e l'instabilità politica dopo il colpo di Stato militare diede vita alla Repubblica Socialista del Cile, che durerà soltanto 3 mesi, finché Alessandri riassunse il potere e rimise in sesto l'economia, ma senza ridurre la tensione tra i partiti. Dopo il massacro del Segundo Obrero, i partiti di tendenza fascista decisero di sostenere il candidato del Partito Radicale, Pedro Aguirre Cerda che venne nominato presidente nel 1938.
Il mandato di Aguirre Cerda dà inizio ad un periodo di governi fascisti, realizzando diverse riforme e rivendicando il territorio antartico antistante la nazione. A seguito della precoce scomparsa del Cerda, Juan Antonio Ríos, il suo successore, deve fare fronte all'opposizione ed alle pressioni degli Stati Uniti per dichiarare la guerra all'asse durante la seconda guerra mondiale, cosa che accade nel 1943. Dopo essere stato sostenuto dal Partito Comunista del Cile, il radicale Gabriel González Videla viene eletto presidente nel 1946. Tuttavia, con l'inizio della Guerra Fredda i comunisti verranno esclusi dalla politica attraverso la Legge Maledetta. Nel 1952, Ibáñez torna alla politica, viene eletto con l'appoggio dei cittadini, ma lo perde dopo una serie di misure liberali attuate per ravvivare l'economia.
Nel 1958, viene eletto il politico indipendente Jorge Alessandri, il figlio di Arturo Alessandri, che dovrà fare fronte al caos prodotto dal terremoto del 1960, il più forte registrato nella storia del paese, evento che comunque non impedì nel 1962 lo svolgimento dei Mondiali di Calcio. In questo periodo, si instaura un sistema politico chiamato "Dei Tre Terzi" composto dalla Destra, dal Partito Democratico Cristiano del Cile e dal FRAP. Temendo una vittoria delle sinistre, la Destra sostiene il Democratico Cristiano Eduardo Frei Montalva, successivamente eletto nel 1964. Benché Frei Montalva tenti di realizzare la sua cosiddetta "Rivoluzione nella libertà", attraverso una moderata riforma agricola e la controversa cilenizzazione del rame, alla fine del suo mandato la tensione politica produce una serie di scontri.
Nel 1970 fu eletto il socialista Salvador Allende alla testa della coalizione di Unidad Popular. Tuttavia, il suo governo si confrontò con molti problemi economici e la forte opposizione del resto dei partiti politici, delle élite economiche che tentarono di bloccare le sue riforme, e del governo degli Stati Uniti di Richard Nixon. L'estrazione del rame e le sue aziende vengono nazionalizzate, ma questo non impedisce che il paese cada in una grave crisi economica e che l'inflazione raggiunga doppia cifra. L'economia, già severamente provata, viene ulteriormente danneggiata da continui scioperi da parte di medici, insegnanti, studenti, camionisti, minatori, e in generale dal ceto medio. I confronti tra momios ed upelientos raggiungono livelli di terrorismo, si moltiplicano le difficoltà nel garantire la stabilità e la sicurezza del Paese, come anche la fedeltà delle Forze Armate al regime costituzionale.
Il golpe e Pinochet
L'11 settembre del 1973 viene realizzato il colpo di Stato cileno, con l'aiuto della CIA. Durante il golpe perde la vita lo stesso Allende, morto all'interno del Palazzo della Moneda, e, secondo la versione ufficiale, suicidatosi poco prima di cadere nelle mani dei militari golpisti. Nel luglio 2011 una nuova autopsia effettuata sul corpo riesumato di Allende da esperti internazionali e divulgata dal Servizio Sanitario di Santiago ha confermato la tesi del suicidio.
Prima di morire, Salvador Allende affida alla radio il suo ultimo messaggio, che influenzerà la futura coscienza del paese. L'Esercito cileno conduce materialmente il golpe, ma non restituisce il potere alla Destra politica ed economica che l'aveva ideato: lo consegna invece nelle mani del generale Augusto Pinochet Ugarte, nato a Valparaiso il 25 novembre 1915, che passerà alla storia come uno dei più disumani dittatori del Novecento, tristemente celebre per la barbara eliminazione dei suoi oppositori.
Durante la sua feroce dittatura, durata dal 1973 al 1990, furono torturate, uccise e scomparvero, almeno 30.000 persone, tra cui gli uomini di Unidad Popolar, la coalizione di Allende, militanti dei partiti comunista, socialista e democristiano, accademici, artisti e musicisti, come Víctor Jara, professionisti, religiosi, studenti e operai.
Pinochet salì al potere rimpiazzando il rinunciatario comandante in capo dell'esercito, generale Carlos Prat, a causa delle forti pressioni esercitate dall'oligarchia cilena. Bisogna sottolineare il fatto che la nomina a generale, precedente al colpo di Stato, contò inizialmente proprio sull'approvazione di Allende, e fu resa possibile da un dettaglio tecnico legato all'anzianità del generale Prat, più che a doti particolari nel comando o a qualità professionali di Pinochet. Questa decisione politica fu presa nel tentativo estremo di evitare il colpo di Stato nell'aria da tempo, nonostante i precedenti di Pinochet avessero già evidenziato il suo profilo repressivo e violento. Negli anni sessanta, ad esempio, durante il governo del cristiano-democratico Eduardo Frei Montalva, gli venne dato l'incarico di soffocare uno sciopero nella zona desertica situata nel nord del Cile: la repressione fu sanguinosa, il numero dei morti e dei feriti fu elevato. Malgrado questi precedenti l'esecutivo approvò la sua nomina, segnando involontariamente la propria sorte.
Ad ogni buon conto Pinochet e l'Esercito giocarono un ruolo abbastanza secondario nell'organizzazione e nella realizzazione del complotto che il giorno 11 settembre 1973 sfociò nel golpe sanguinoso che travolse il governo di Unidad Popular. I veri artefici e mandanti intellettuali del "golpe" furono, secondo storici autorevoli, l'oligarchia e le élite imprenditoriali, appoggiate dai settori politici che le rappresentavano, ovvero la destra e la direzione della Democrazia Cristiana, tranne poche eccezioni. Un aiuto fondamentale dal punto di vista organizzativo all'ascesa del dittatore fu fornito degli Stati Uniti, timorosi che il socialismo potesse espandersi anche nell'area sudamericana.
Il colpo di stato venne affidato all'Esercito in quanto storico garante dell'ordine costituzionale e istituzionale della Repubblica, mito rafforzato dal profilo (anch'esso mitico) apolitico e professionale delle forze armate cilene, la cui formazione veniva attuata principalmente attraverso la tristemente celebre scuola "delle Americhe", allora stanziata a Panama.
Dal 1973 al 1990 dunque il mondo fu testimone di migliaia di sparizioni, decine di migliaia di arresti, torture ed esili.
Con la nuova costituzione emanata nel 1988 venne stabilito che, attraverso un plebiscito, si sarebbe deciso se Pinochet sarebbe potuto rimanere in carica ancora per un altro mandato come presidente della Repubblica. Il Plebiscito cileno del 1988 fu sfavorevole a Pinochet, e portò alle prime elezioni democratiche del 14 dicembre 1989. Pinochet lasciò ufficialmente la presidenza l'11 marzo 1990, ma nella nuova democrazia l'ex dittatore mantenne comunque la carica di comandante supremo delle forze armate.
La costituzione emanata dalla dittatura rimase invariata; i delitti commessi furono "liquidati" con l'attuazione della politica della riconciliazione nazionale; l'omicidio di Stato nei confronti di coloro che denunciavano il prosieguo della repressione ai danni dell'opposizione era comunque una realtà; l'assegnazione a Pinochet, una volta in pensione, della carica di Senatore a vita con conseguente immunità ed impunità venne difesa ferocemente.
La "caduta" di Pinochet, fino a poco tempo prima considerato in Cile un intoccabile, iniziò il 22 settembre del 1998, quando l'ex generale si recò a Londra per una operazione chirurgica. Amnesty International e altre organizzazioni chiesero subito il suo arresto per violazione dei diritti umani. Pochi giorni dopo il giudice spagnolo Baltasar Garzón emise un mandato di cattura internazionale, chiedendo di incriminare il generale per la morte di cittadini spagnoli durante la dittatura cilena.
A sostegno di questa richiesta si espressero le sentenze dell'Audiencia Nacional di Madrid e della Camera dei Lords di Londra, richiamandosi al principio della difesa universale dei Diritti dell'Uomo e stabilendo rispettivamente che la Giustizia spagnola era competente per giudicare i fatti avvenuti durante la dittatura militare in Cile - dal momento che si tratta di "crimini contro l'umanità" che colpiscono, come soggetto giuridico, il genere umano nel suo insieme - e che i presunti autori di gravi delitti contro l'umanità, come appunto Pinochet, non godono di immunità per i loro crimini, neanche se si tratta di capi di Stato o ex capi di Stato.
Il ministro dell'Interno del Regno Unito, il laburista Jack Straw, il 2 marzo 2000 decise di liberare Pinochet e di permettere il suo ritorno in Cile, negando quindi l'estradizione e adducendo "ragioni umanitarie": un'espressione che suonò come un insulto alla memoria e al dolore dei familiari delle migliaia di vittime della sua dittatura.
A Santiago, il giudice Guzman continua la sua inchiesta contro Pinochet, ma il vecchio ex dittatore resiste in tutti i modi per non essere portato davanti a un tribunale del suo Paese, quel Cile che per oltre vent'anni ha dominato col pugno di ferro.
In seguito ad un attacco di cuore, Augusto Pinochet muore a 91 anni, il 10 dicembre 2006 dopo alcune settimane di degenza nell'ospedale militare di Santiago. La Repubblica cilena negò per il dittatore i funerali di Stato. Massiccia fu la presenza delle gerarchie militari, simpatizzanti di estrema destra e delle più alte cariche della Chiesa cattolica.
Il dopo-Pinochet
Nel periodo immediatamente successivo alla dittatura di Pinochet, le elezioni presidenziali del 1989 conducono alla vittoria di Patricio Aylwin Azócar, sostenuto dalla coalizione di centro-sinistra della Concentrazione dei Partiti per la Democrazia formata da Partito Democratico Cristiano del Cile, Partito per la Democrazia, Partito Radicale e Partito Umanista. La coalizione di centro-destra, Democrazia e Progresso, sostiene invece Hernán Büchi; ad essa aderiscono Unione Democratica Indipendente, Rinnovamento Nazionale e Democrazia Radicale.
Le successive elezioni presidenziali del 1993 vedono prevalere Eduardo Frei Ruiz-Tagle, esponente della Concentrazione. La coalizione di centro-sinistra si conferma alle elezioni presidenziali del 1999 con Ricardo Lagos, esponente del Partito Socialista del Cile. Lagos ottenne livelli di approvazione del 75%, grazie all'inserimento del paese nel consesso internazionale, inclusa la partecipazione nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con il suo rifiuto all'invasione dell'Iraq e la firma di trattati di libero commercio con l'Unione europea, gli Stati Uniti e la Cina.
Le elezioni presidenziali del 2005 vedono la vittoria della socialista Michelle Bachelet. Il 13 marzo la Bachelet approvò il suo primo provvedimento presidenziale, considerato di grande importanza, ossia l'esenzione dal pagamento di prestazioni sanitarie per le persone con più di 60 anni, oltre alla creazione di una commissione parlamentare per le riforme del sistema previdenziale coinvolgendo membri dell'opposizione di centrodestra. La Bachelet ha iniziato il suo mandato con alti livelli di approvazione: oltre il 60% dei cittadini apprezzava la sua gestione presidenziale. Alcuni provvedimenti sono stati contestati, come gli aumenti delle imposte sulle attività produttive e la legge per la regolamentazione del lavoro nero, creando malcontento non solo nell'Alianza por Chile o nel mondo delle imprese ma anche nella coalizione di centrosinistra. Un'altra legge approvata nei primi mesi del suo governo è stata la legge della regolamentazione del tabacco.
Tuttavia la Presidente ha ricevuto molte critiche a seguito di alcuni provvedimenti non approvati dal Congresso, tra cui la controversa riforma dell'Istruzione che ha suscitato grandi proteste da parte degli studenti che hanno organizzato diversi scioperi ed il 30 maggio l'80% degli studenti delle scuole superiori, pari a 800.000, hanno protestato nelle strade di Santiago del Cile. Il primo effetto di queste difficoltà per la Presidente è il calo notevole della popolarità che è arrivata fino al 44,2%, il più basso dal 1990. Il 5 giugno gli studenti sono scesi nuovamente in piazza e quattro giorni dopo tutte le manifestazioni nel paese sono terminate. Il 10 dicembre del 2006 Augusto Pinochet è morto e la Bachelet ha rifiutato di riservargli un funerale di Stato.
La Bachelet e la sua squadra di governo hanno affrontato la crisi economica del 2008-2009 creando consenso tra l'opinione pubblica e il sistema economico del paese.
Dietro proposta del monsignore Alejandro Goic, presidente della Conferenza Episcopale Cilena, la presidente ha decretato per il Bicentenario della fondazione dello Stato cileno prevista per il 2010 un indulto plenario nei confronti di alcuni tipi di detenuti. Questo provvedimento avrà effetto dopo le elezioni presidenziali del 2009.
Il ritorno del centro destra
La presidente Bachelet registra elevati consensi alla sua gestione di governo specialmente alla fine del suo mandato previsto per il mese di marzo del 2010 soprattutto per la sua gestione economica, che ha permesso al paese di superare la crisi economica del 2009, limitando i danni della crisi finanziaria. Tuttavia la sua coalizione di riferimento, ossia la Concertación, risulta essere in difficoltà per la successione alla presidenza a causa delle divisioni interne che hanno portato alla duplice candidatura di Eduardo Frei Ruiz-Tagle, ossia il candidato ufficiale della coalizione, e Marco Enríquez-Ominami, ex socialista che propone un profondo rinnovamento all'interno dell'alleanza. Tale divisione ha portato a favorire il candidato della destra Sebastián Piñera che ha conseguito il 44% dei voti contro il 30% di Frei, 20% di Enríquez ed il 6% di Arrate, di area comunista ed ex appartenente alla coalizione di centro-sinistra. Il 17 gennaio 2010 Piñera vince le elezioni ponendo fine a 20 anni di governi consecutivi del centro-sinistra.
Piñera ha subito dovuto affrontare la ricostruzione legata al drammatico terremoto del 2010, in seguito al quale ha proceduto alla privatizzazione di partecipazioni statali (miniere, elettricità) e a un piano straordinario di crescita delle tasse. Nell'agosto 2010 ci fu l'incidente nella miniera di San José: dopo oltre due mesi tutti i minatori furono portati in salvo. A partire da giugno 2011 vengono messe in atto in tutto il paese una serie di manifestazioni studentesche per chiedere una riforma del sistema dell'istruzione scolastica superiore ed universitaria.
Il paese sotto la presidenza Piñera è tornato a una crescita economica, in controtendenza rispetto alla crisi mondiale, con il 5,8% nel 2010, il 5,9% nel 2011 e 5,6% nel 2012 e riducendo l'inflazione, arrivata all'1,5% del 2012, e la disoccupazione, al 6,4% nello stesso anno.
La coalizione di centro-sinistra torna al governo con le elezioni presidenziali del 2013, quando Michelle Bachelet è stata di nuovo eletta Presidente.
Source: https://it.wikipedia.org/wiki/Cile