Storia
Secondo la moderna paleoantropologia, il Sudafrica fu probabilmente la "culla dell'umanità"; qui (soprattutto nella zona del Transvaal) si sono infatti trovati fossili di australopitechi, Homo habilis, Homo erectus e Homo sapiens sapiens.
Circa 10.000 anni fa l'odierno Sudafrica, come tutta l'Africa del Sud, era abitata dai boscimani, cui si aggiunsero successivamente popolazioni affini di etnia khoikhoi (ottentotti). Boscimani e ottentotti (collettivamente noti come khoisan) erano cacciatori-raccoglitori nomadi, che non diedero mai luogo a insediamenti popolosi o strutture politiche complesse.
Successivamente, (fra il III e il V secolo) da nordest iniziarono ad affluire in Africa meridionale gruppi bantu, soprattutto zulu e xhosa. I movimenti migratori bantu si svilupparono nell'arco di numerosi secoli, giungendo al pieno compimento solo nella prima metà del secondo millennio. Buoni agricoltori e allevatori, i bantu si insediarono prima nell'odierno KwaZulu-Natal e poi più a sud; gli xhosa si spinsero fino all'odierna Provincia del Capo Orientale, respingendo i khoisan nelle regioni più aride e inospitali dell'area.
Colonizzazione europea
Nel 1487, l'esploratore portoghese Bartolomeo Diaz oltrepassò il Capo di Buona Speranza, aprendo la via marittima alle Indie. Furono però gli olandesi della Compagnia Olandese delle Indie Orientali i primi a creare un insediamento stabile in Sudafrica, nel 1652, fondando quella che sarebbe poi diventata Città del Capo. Questa fu il punto di partenza di un vasto processo di colonizzazione a cui presero parte europei di diverse origini (soprattutto olandesi, francesi ugonotti, bavaresi e scandinavi) che sciolti i legami con la Compagnia diedero vita a una comunità autonoma, e svilupparono una propria cultura e una propria lingua (l'afrikaans). Noti come "boeri" (dall'olandese per "contadino"), i coloni si espansero verso est e verso nord.
I rapporti fra i boeri e le popolazioni indigene della zona del Capo (di etnia khoikhoi) furono relativamente buoni; i khoikhoi, già nomadi, non fecero che ritrarsi gradualmente di fronte all'espansione boera. Quando i boeri giunsero nei pressi dell'odierna Port Elizabeth, però, essi entrarono in attrito con gli xhosa, che si stavano espandendo in direzione opposta. Ne derivarono una serie di conflitti noti con il nome di Guerre della Frontiera del Capo.
Il conflitto con i britannici
In seguito all'avanzata di Napoleone Bonaparte in Europa e la successiva caduta dei Paesi Bassi, i britannici occuparono la Colonia del Capo alla fine del XVIII secolo.
Nella prima metà del XIX secolo i boeri, oppressi dal dominio britannico, diedero via a una grande migrazione verso nord alla ricerca di nuove terre, passata alla storia col nome di Grande Trek. I voortrekker si stabilirono in varie zone del nord, fondando una serie di piccole repubbliche boere, in seguito unitesi nello Stato Libero di Orange, nella Repubblica di Natalia e nella Repubblica del Transvaal, e nello Stellaland, che, insieme al Capo, costituirono l'embrione delle future province sudafricane. Le personalità più eminenti di questa fase furono Paul Kruger e Marthinus Wessel Pretorius.
L'esistenza delle repubbliche era d'ostacolo all'espansione dell'Impero britannico, e la scoperta di diamanti e oro nel nordest del Sudafrica contribuì ad alimentare l'interesse degli inglesi per la completa annessione del paese. Fra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, inglesi e boeri si scontrarono in una serie di sanguinosi conflitti noti come guerre anglo-boere. Il conflitto contrappose anche i popoli bantu del Sudafrica; gli zulu si schierarono infatti con i boeri, mentre xhosa e swazi combatterono a fianco degli inglesi. Questi ultimi ebbero alla fine la meglio e unificarono tutto l'odierno Sudafrica (1902), che nel 1914 fu formalmente costituito come dominion unitario all'interno del Commonwealth, col nome di Unione Sudafricana.
Prima e Seconda guerra mondiale
L'Unione Sudafricana prese parte alla Prima guerra mondiale a fianco del Regno Unito. Nel 1920 ottenne il mandato della Società delle Nazioni per il controllo dell'Africa del Sud-Ovest (Namibia), strappata ai tedeschi. Nonostante l'aumento del suo prestigio internazionale, l'Unione attraversò un periodo di forte crisi interna, con attriti sempre più violenti fra i nazionalisti boeri e la rappresentanza britannica. Nel 1931, con l'approvazione dello Statuto di Westminster da parte del parlamento britannico, il Sudafrica ottenne una parziale autonomia.
In occasione della Seconda guerra mondiale, i contrasti mai sopiti fra britannici e boeri tornarono a emergere. Una parte dei boeri, rappresentata da alcune correnti del Partito Nazionale come la Ossewabrandwag, simpatizzava infatti apertamente per la Germania nazista. Ciò nonostante, il paese prese parte al conflitto sul fronte alleato. Il boero James Hertzog, che governava il paese dal 1924 e pretendeva almeno la neutralità del paese, fu costretto a dimettersi.
L'apartheid
Dopo la fine della guerra, il Partito Nazionale vinse le elezioni, e iniziò ad attuare nel paese la politica segregazionista nota come apartheid. L'ideologia dell'apartheid fu elaborata dai primi ministri boeri che si succedettero dal 1948 in poi, e soprattutto da Hendrik Frensch Verwoerd (in carica dal 1956 al 1966). Concettualmente, l'obiettivo dell'apartheid era quello di isolare i diversi gruppi etnici del Sudafrica, lasciando che ognuno di essi si sviluppasse in un proprio contesto sociale, economico e territoriale. Verwoerd spiegò anche che il ruolo predominante dei bianchi nei processi politici che avrebbero portato all'autonomia delle diverse etnie era giustificato dalle circostanze storiche, ovvero dal ruolo fondamentale che i boeri avevano avuto nella nascita del Sudafrica.
Nell'ottica dell'isolamento delle etnie vennero formati i bantustan, territori riservati alle popolazioni nere delle diverse etnie. Complessivamente, circa il 13% del territorio del Sudafrica venne riservato alla popolazione bantu. Contemporaneamente, il Sudafrica venne inteso sempre più nettamente come paese esclusivamente di bianchi, e i neri che continuavano a vivere nelle aree "bianche" (circa il 50%) persero gradualmente i propri diritti civili, come conseguenza del fatto che fosse stato avviato un processo la cui finalità era trasferirne la cittadinanza ai bantustan. Per esempio, ai neri fu vietato di frequentare le scuole e le università dei bianchi; Verwoerd giustificò questa misura osservando che l'istruzione di un nero «deve svolgersi completamente nella tribù ed avere le radici nello spirito e nell'essenza stessa della società bantu».
L'applicazione di una politica sempre più apertamente razzista, causò gravi contrasti interni e alienò al paese il sostegno della comunità internazionale. Nel 1973 le Nazioni Unite dichiararono l'apartheid un crimine contro l'umanità; a partire dal 1961 era già iniziata una campagna di sanzioni economiche contro il Sudafrica. Nello stesso anno il 31 Maggio l'Unione Sudafricana ottenne la piena indipendenza dal Regno Unito e divenne repubblica con un referendum; a causa dell'insostenibile politica segregazionista il Sudafrica venne poi espulso dal Commonwealth. Cinque anni dopo venne revocato il suo mandato all'amministrazione della Namibia. Il governo sudafricano si rifiutò di ottemperare alle richieste dell'ONU, e di fatto procedette all'annessione della Namibia come propria provincia.
Balthazar Johannes Vorster (primo ministro dal 1966 al 1978) e i suoi successori Marais Viljoen (in carica dal 1979 al 1984) e Pieter Willem Botha (dal 1984 al 1989) dovettero fronteggiare sia l'isolamento internazionale sia l'emergere di importanti movimenti di opposizione nella comunità nera, fra cui l'African National Congress di Nelson Mandela. Botha fu l'ultimo strenuo difensore dell'apartheid, e cercò di convincere l'intero paese che questo regime era stato un elemento chiave della crescita economica del Sudafrica fra gli anni sessanta e anni novanta, superiore a quella di qualsiasi altro paese africano, e delle migliori condizioni di vita dei neri sudafricani rispetto a quelle della popolazione nera nel resto del continente.
In questa fase Botha trovò alleati neri che lo sostennero, in particolare gli swazi; tra l'altro il Re dello Swaziland Sobhuza II aveva già collaborato in passato nella caccia ai ribelli più violenti dell'ala oltranzista dell'ANC. Botha riuscì perfino a stringere un patto di amicizia e buon vicinato col presidente del Mozambico Samora Machel, nero e comunista. Gli xhosa rimasero invece il gruppo più ostile al governo bianco. In questa fase furono organizzate altresì assemblee legislative autonome per coloured e asiatici. Tuttavia il sistema si mostrò sempre più fragile e vicino al collasso, accentuando il carattere repressivo, e anche gli Stati Uniti, tradizionali alleati dei bianchi sostenitori dell'apartheid, cominciarono ad unirsi alle richieste di democrazia. L'apartheid durò sinché il successore di Botha, Frederik Willem de Klerk, al governo fino al 1994, intraprese la via della riforma, liberando e chiamando al suo fianco il capo dell'ANC Nelson Mandela e smantellando nel 1991 l'intero sistema della segregazione razziale. Gravi scontri avvennero però tra gli zulu dell'Inkatha Freedom Party guidati dal Re Zwelithini e dal segretario del partito Mangosuthu Buthelezi, che desideravano essere gli unici interlocutori di De Klerk, e gli xhosa dell'ANC, che alla fine ebbero la meglio. Gli zulu si dovettero accontentare dell'istituzione di un loro regno autonomo (il Kwazulu-Natal) nell'ambito della riforma amministrativa del paese (1994), che riunì le vecchie quattro province e i dieci bantustan nelle attuali 9 province.
Il Sudafrica del post-apartheid
Il 27 aprile 1994 si tennero le prime elezioni democratiche con suffragio esteso a tutte le etnie, in cui venne eletto presidente il capo dell'ANC Nelson Mandela, cui successe poi Thabo Mbeki nel 1999. Il periodo di transizione dal regime dell'apartheid al nuovo corso politico fu gestito da un tribunale speciale istituito nel 1995 a Città del Capo, la Commissione per la Verità e la Riconciliazione (Truth and Reconciliation Commission, TRC). Le condizioni di vita per i neri restano tuttavia tuttora molto difficili. Il governo sudafricano ha dovuto accettare le politiche economiche del Fondo Monetario internazionale: si è fatto carico di pagare il debito internazionale creato dai precedenti governi anche privatizzando molte imprese nazionali. I servizi sociali (acqua, istruzione, sanità) non sono riconosciuti a tutti. Nelle periferie urbane i poveri non sono ancora cittadini a tutti gli effetti.
Source: https://it.wikipedia.org/wiki/Sudafrica